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SEGNALAZIONI bibliografiche

si segnalano 2 libri interessanti: uno sulle strategie della menzogna nella politica attuale e sull'insidia rappresentata dall'attacco contemporaneo alla verità; l'altro sulla differenza fra rischio e percezione del rischio e sulla sua capacità di influenzare nel profondo i media e la politica-marketing nonché sulla sua capacità di distogliere l’attenzione da pericoli statisticamente più incombenti a quelli statisticamente meno rilevanti...

da http://www.liberolibro.it/vladimiro-giacche-la-fabbrica-del-falso-strategie-della-menzogna-nella-politica-contemporanea/
Vladimiro Giacché - La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea Editore: DeriveApprodi 2008, € 18.00
La ricerca della verità è sempre stata un percorso arduo e difficoltoso, anche perché di uno stesso fatto posso esserci tante verità soggettive, in quanto gli individui, per loro natura, tendono a cogliere un aspetto invece di un altro.
Il problema è ben più serio quando viene imposta una verità per il tornaconto di interessi economici e di potere, con tutti i mezzi possibili, anche i più subdoli.Il bel saggio di Vladimiro Giacché si occupa delle strategie della menzogna nella politica contemporanea, che si attuano attraverso gli strumenti di diffusione a qualsiasi livello.Goebels, il famoso ministro della propaganda nazista, diceva che una menzogna resta una menzogna, ma se ripetuta cento, mille volte diventa una verità.Ed è quello che accade ormai da diversi anni a livello planetario, dalla famosa invenzione delle armi di distruzione di massa, motivo per l’aggressione all’Iraq, alla propaganda di giustificare perfino la guerra con la diffusione della democrazia.
Il lavoro di Giacché ha il pregio di seguire un preciso criterio logico diviso in tre grandi capitoli: La guerra alla verità, con una disamina attenta della menzogna, del mutato concetto di democrazia, dei mille volti del mercato, del significato diversamente attribuibile al terrorismo; a seguire La verità del falso, soprattutto con la struttura della fabbrica del falso, e Le strategie di resistenza che può adottare il comune cittadino per smascherare la menzogna.
Gli approfondimenti sono frequenti, così come le citazioni di fatti e di eventi non rispondenti a verità e che ovviamente vengono così smascherati.
Dalla lettura è possibile ritrarre la certezza di una strategia del falso ormai organicamente strutturata e condotta non solo per gli eventi più importanti, ma nella quotidianità.Devo dire che già prima di leggere avevo un’idea ben precisa in ordine al fatto che siamo bersagliati da falsi, o nel caso migliore da mezze verità, ma una volta arrivato all’ultima pagina, trovando così conferma dei miei sospetti, ho rivisto in modo diverso e con conclusioni differenti eventi di portata mondiale accaduti anche da diversi anni, allora fatti sporadici di menzogne costruite quasi artigianalmente, ma di certo i prodromi sperimentali di quella che è la situazione attuale. Siamo arrivati al punto che ormai corre l’obbligo di chiederci se anche quello che ci viene mostrato nei telegiornali e che non ha a che fare direttamente con la politica estera o con quella interna sia la verità. In questo modo si finisce con il provocare nel normale cittadino un disorientamento che si traduce in uno stato di insicurezza, scopo dei fabbricanti di menzogne, perché chi non si sente protetto o non ha certezze non è in grado di pensare nel migliore dei modi e quindi è più facile da governare. La fabbrica del falso è sicuramente un libro da leggere e da meditare. Recensione di di Renzo Montagnoli
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da
http://www.greenreport.it:80/contenuti/leggi.php?id_cont=18152
Deborah Lupton - Percezione, simboli, culture - Ed. Il Mulino, 2003 - € 11,50
Sulla differenza fra rischio e percezione del rischio, sulla sua capacità di produrre una distorsione nella allocazione delle risorse umane e finanziarie, sulla sua capacità di influenzare nel profondo i media e la politica-marketing nonché sulla sua capacità di distogliere l’attenzione da pericoli statisticamente più incombenti a quelli statisticamente meno rilevanti, vi è, oramai, una letteratura specialistica smisurata.
Questo libro scritto da una insegnante universitaria australiana, ci offre una ri-lettura al tempo stesso storica e approfondita.
Illustra come i sentimenti di insicurezza fossero ampiamente diffusi già in epoca pre-moderna ed evidenzia come oggi nutriamo paure e ossessioni inedite, diverse da quelle del passato, ovviamente, ma anche che redistribuiamo la nostra attenzione ai rischi in modo incomprensibile se non facendo ricorso alla psicologia, alla psicometrica e alla ricerca socio-culturale. Non è un caso, infatti, come sostiene Mary Douglas, oggi, “il ricorso al termine rischio non ha molto a che vedere con il termine probabilità” e che, “per quanto l’analisi costi-benefici presti attenzione a tutti i risultati potenziali, sia positivi sia negativi, i guadagni in queste analisi tendono ad essere liquidati in fretta” o ad essere addirittura ignorati anche se maggioritari.
Come ricorda l’autrice, Luhmann sostiene che la consapevolezza del rischio è accompagnata da un senso di attrazione per le circostanze più catastrofiche e meno probabili e funziona da catalizzatore di attenzione per gli operatori dei media i quali assumono, più o meno consciamente, i significati e le strategie del rischio come tentativi e contributi per domare l’incertezza. “E tuttavia, la stessa intensità di tali tentativi (sei pale eoliche accanto ad una discarica in zona industriale diventano “un massacro del paesaggio”; pannelli fotovoltaici in una zona geotermica produrrebbero un “paesaggio lunare”, ndr) ha spesso l’effetto paradossale, non di placarle ma di eccitarle.
E se è vero che “nella nostra identificazione (soggettiva) e risposta ai rischi siamo guidati in molti casi, non dai fatti, ma da giudizi di valore”, in una epoca post-moderna come la nostra, che nelle società sviluppate ha come epicentro l’individuo, l’individualità e l’individualismo, non è affatto detto che ciò che è valore per qualcuno non sia un dis-valore per qualche altro, e viceversa.
Gli esempi delle pale eoliche e del fotovoltaico presi dalle cronache di questi giorni ci evidenziano come, sempre in nome di una malintesa salvaguardia ambientale ( ma l’idea che la natura sia in equilibrio è una idea datata: la biosfera è cambiamento continuo, non staticità), si affermino nella società spinte divaricanti ed anzi opposte. E come queste spinte, in tutte le loro componenti, abbiano alla loro base l’ideologia “benaltrista” e/o delle pietre filosofali ( ci vuole ben altro…..non ne vale la pena...) o quella marketistico-pubblicitaria ( la gente ci chiede questo...) come se “la gente” avesse una ed una sola posizione e magari quella di un titolo di giornale.
“Le nuove logiche del rischio - sottolinea l’autrice – hanno determinato i diversi modi di concepire ed affrontare il pericolo che definiscono al tempo stesso le forme di comportamento richieste agli individui rispetto allo Stato e alle istituzioni. Si tratta di una conseguenza della politica del neoliberismo, una politica che assegna allo stato e alle istituzioni un ruolo non interventista” e, quando interviene, non credibile e, “insiste invece sull’ aiutarsi da sé dei cittadini e della loro autonomia”. Il post moderno è il post governo della polis. E la colpa primaria, ovviamente, è di chi, per tutta una fase, questo governo l’ha delegato al mercato. Ciò vale sia “nei rischi ambientali che nei rischi legati allo stile di vita; nei rischi sanitari come nei rischi relazionali; nei rischi economici come nei rischi della criminalità”.Insomma, nell’epoca post-moderna, il concetto di rischio ha subito una (ovvia, ndr) evoluzione in sintonia con l’ethos politico neoliberista e, di contro, il ruolo dei saperi esperti è (ovviamente, ndr) messo in relazione esclusivamente con gli aspetti del mercato e del profitto. Non a caso ì 5,4 milioni di decessi all’anno nel mondo (in Italia dai 70 agli 83.000) dovuti al fumo di sigarette, o i circa 50.000 tumori al polmone contratti in Italia da radon, o i 41 milioni di decessi all’anno per incidenti stradali in Europa (in Italia dai 6.000 ai 9.000 all’anno con oltre 300.000 invalidi permanenti), o gli incidenti domestici (250.000 decessi all’anno in Europa e circa 8.000 morti all’anno in Italia), convivono tranquillamente con l’aumento del consumo dei cibi biologici quanto con l’immissione nei terreni di 2.000.000 di tonnellate di pesticidi in cui si concentrano le sostanze più tossiche e persistenti e che, per il solo fatto che vengono utilizzate in agricoltura, non allarmano nessuno.
E allora, mentre sono “i membri dei gruppi stigmatizzati o marginali (le donne, i lavoratori manuali dell’industria, i poveri, i disoccupati, le persone di colore, i tossicodipendenti, gli omosessuali, ecc…) a essere concepiti come fonte di rischio”, al tempo stesso (e non certo a caso o in contraddizione), in un mondo che attribuisce un valore smisurato “all’autogoverno dell’individuo” si “consente al sé e al corpo di godere, almeno temporaneamente, dei piaceri del corpo grottesco o primitivo e all’abbandonarsi all’alcool, alle droghe, ai rapporti sessuali non protetti, alla velocità e a quant’altro si presenta come trasgressione e oscuramento dei confini, ritrovandovi una parte importante del nostro piacere”.
La situazione attuale, che vede i problemi ambientali e quelli sociali strettamente intrecciati tra di loro, fa quindi sì che i fatti risultino incerti, i valori in conflitto anche tra di loro, la posta in gioco sempre più alta e le decisioni urgenti. E dunque il nodo (prima da riconoscere, e poi) da sciogliere sta, nel rapporto fra “rischio e governamentalità”, come la chiama l’autrice. Già! In una fase storica in cui, rispetto all’uscita del libro, il liberismo è entrato in crisi virulenta, chi l’ha denunciato non ha ancora riacquistato la voce, e quando e se parla, confonde gli strumenti (il riformismo ) con le strategie e/o gli obiettivi. Oppure, nell’altra variante, si dichiara antagonista perché fa le lotte contro i mulini (le pale) a vento! Forse aveva ragione John Barrow, scrittore ed esploratore inglese: “la cosa più complicata ( e dunque più rischiosa, ndr) in cui ci siamo imbattuti è proprio quello che si trova all’interno della nostra testa”.
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24 Feb 2009

COMITATO VIGILIAMO PER LA DISCARICA

by lol4078672 @ 05 Apr 2009 11:34 am
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by lol4565348 @ 27 Apr 2009 10:36 pm
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